Avatar didascalico: una scuola di vita


di .Abigail.

Abbiamo già notato come l'ordine gerarchico dei templi dei Nomadi ricalchi il modello monastico buddhista e Shaolin, così come la loro religione – la ricerca della pace, l'allonanamento dalla guerra e dal mondo reale tramite la meditazione. Il mondo di Avatar, quindi, è strettamente legato al nostro mondo orientale. Perfino la scrittura rieccheggia gli ideogrammi giapponesi e cinesi, per non parlare del ciclo di reincarnazione dell'Avatar, che è uno dei punti principali del “credo” buddhista.

Bryan e Mike ci hanno presentato un mondo con forti riferimenti a culture già esistenti nel mondo reale, e il nostro protagonista, Aang, si fa portatore di altissimi valori morali che, ahinoi, sono spesso sottovalutati se non perfino denigrati e fatti oggetti di scherno.

La determinazione e il potere della Nazione del Fuoco, l'adattamento e il forte amore delle Tribù dell'Acqua, la resistenza e la fortezza del Regno della Terra...
Uniti creano l'essere che può farcela, che può andare avanti. Uniti creano una persona di potenza inimagginabile. L'Avatar, unendo i 4 domini e quindi le doti positive di ciasun popolo, diventa invincibile e portatore di pace.

Tutta la serie è scuola di vita, è una serie con intento didascalico. Ci ritroviamo nei personaggi, li amiamo o odiamo, diventiamo fan di queste persone che ci ricordano chi siamo e che rivivono la nostra stessa situazione...

“Bella roba”, direte voi, “succede con tutti i film”. Già... ma qui non stiamo parlando di un film, né di una serie ambientata in un mondo comune. I due creatori sono riusciti ad adattare esigenze reali a un mondo surreale. Dominio, spiriti, bisonti volanti e orsi che fanno le uova! Eppure chi non vorrebbere avere la forza d'animo di Azula, chi non si è trovato in un momento di crisi come Zuko, chi non ha avuto problemi in amore come Aang, chi... e potrei andare avanti per altre 3 pagine.

La nostra cara coppia Bryke, quindi, ha disegnato per noi una via d'uscita. Perché alla fine il bene trionfa e il male si ritrova impazzito ed incatenato a una grata. Ma oltre il solito cliché del happy ending, cosa c'è:
un bambino che ha dovuto combattere contro le sue stesse convinzioni e che alla fine ce l'ha fatta;
un ragazzo che è stato rifiutato dalla famiglia;
un padre che ha perso un figlio;
un ragazza che si sente odiata dalla madre;
una famiglia distrutta che non cede e che trova il modo di riunirsi;
una bambina cieca sottovalutata che trova il modo di far vedere quanto vale;
una donna vecchia a cui hanno tolto tutto che impazzisce e... gioca con le bambole.

Storie tristi, storie sentite e risentite... che però sono reali, che succedono ogni giorno, che qui hanno trovato l'equilibrio perfetto e non scontato.

Avatar è scuola di vita perché ci insegna ad andare avanti, a superare gli ostacoli. Ci mostra com'è la vita, come può degenerare o come può essere coronata da un trionfo.

Ma perché sono partita dalla religione e dalla forma di governo dei Nomadi?
Perché qui c'è un altro esempio perfetto di quella che io considero “scuola di vita”:
l'attuale XIV Dalai Lama, premio Nobel per la pace si chiama Tenzin Gyatso.
Sono due nomi che vi suonano familiari, eh?